Teatro San Carlo: un grande “Lago dei cigni”

I contrasti sono sempre interessanti. E fanno riflettere. Da una parte la situazione della danza sempre più precaria, umiliata e offesa nell’improbabile, indifendibile e inammissibile convinzione che non valga la pena investire in cultura e arte, dall’altra un ‘grande’ Lago dei cigni, in scena al Teatro San Carlo, che ha registrato il tutto esaurito per il forte richiamo che esercita il titolo, considerato l’emblema della danza classica per eccellenza, il cast d’eccezione – Marianela Nuñez e Vadim Muntagirov, stelle lucenti del Royal Ballet, con Maia Makhateli (nella foto di Luciano Romano con Alessandro Staiano), georgiana, prima ballerina del Dutch National Ballet – per la meraviglia dell’allestimento e soprattutto per l’incisiva qualità di lavoro di una compagnia che, nonostante mille difficoltà, sa mettersi in gioco e vincere, dimostrando coraggio, forza, speranza nel futuro…anche quando questo futuro è buio ed incerto.

La storia de Il lago dei cigni parte da molto lontano, con una genesi turbolenta ha poi finalmente trovato una sua collocazione privilegiata tra i grandi titoli del repertorio classico grazie all’apporto coreografico di Marius Petipa che, sulla musica struggente e maestosa di Čiajkovsky – diretta dal maestro Aleksej Baklan – ne fece un vero e proprio capolavoro. Dal 1895 ad oggi la vicenda della principessa cigno, con il doppio ruolo di Odette-Odile e l’ineluttabile lotta tra il bene e il male, continua ad affascinare e ad incantare il pubblico di tutto il mondo. L’allestimento sontuoso del balletto – con scene e costumi meravigliosi nei disegni, nelle stoffe, nei colori, nei modelli, nei semplici dettagli, creati da Philippe Binot – vanta la coreografia di Ricardo Nuñez, cubano di nascita e formazione (ha danzato nel Balletto Nazionale di Cuba diretto da Alicia Alonso) ha scelto poi la libertà, diventando cittadino del mondo. Persona affascinante e carismatica, curiosa e competente, morto prematuramente nel 2012, Ricardo Nuñez firmò la sua versione de Il lago dei cigni per il Teatro San Carlo nel 1994. Fedele all’originale negli atti bianchi, il secondo e il quarto perché “già perfetti così”, il suo prezioso apporto si inserisce nelle danze del primo e del terzo atto, quelle che si svolgono alla corte del principe Sigfrido. Ripreso nel 2006, il balletto ha sempre ottenuto un meritato successo, riconfermato ancora una volta in questa ultima edizione. A rimontare la coreografia con una raffinata cura dei più piccoli dettagli e un rigore ferreo nel difficile lavoro del corpo di ballo, nell’insieme come nelle parti solistiche, Patrizia Manieri, già étoile del Teatro San Carlo per lunghi anni, che nella sua carriera ha ballato con i più grandi personaggi del panorama mondiale ed è stata l’ultima a danzare con Rudolf Nureyev.

La prima rappresentazione dello spettacolo è stata affidata ad una giovane ballerina, Maia Makhateli, che si è rivelata immensa nell’interpretazione di entrambi i ruoli: delicata, femminile e piena di sentimenti nel cigno bianco quanto seducente, spavalda e ammaliante nel cigno nero. Dotata di splendide linee, con un lavoro di braccia (dalla lunghezza infinita) di sorprendente raffinatezza, ha sfoggiato un grande virtuosismo con estrema disinvoltura. Accanto a lei Alessandro Staiano, nel ruolo del Principe, bello, forte, possente, a cui è mancata la pienezza interiore che avvolge il ruolo, interpretato come sempre con sicurezza e determinazione.

Per il ‘secondo cast’, composto da Marianela Nuñez e Vadim Muntagirov, c’era un’attesa febbrile com’è giusto che sia considerando la loro bravura. Si possono scrivere solo parole encomiastiche per il livello tecnico formidabile fermo restando che poi ognuno, nella scelta del cuore, è libero di fare le proprie valutazioni…Perfettamente a suo agio in ogni ruolo, regina del palcoscenico per evoluzioni fuori dal comune (dagli aplombs infiniti, ai giri da compasso, alla naturalezza estrema con cui esegue i passi più complicati) Marianela Nuñez è certamente una delle migliori ballerine del mondo, senza ombra di dubbio. Accanto a lei, in un feeling perfetto, Vadim Muntagirov unisce la bellezza fisica, una tecnica luccicante e soprattutto una profonda interiorità che pervade il palcoscenico. Lo si guarda anche quando fa le controscene perché è uno che ha la capacità di entrare nel personaggio dall’inizio alla fine dello spettacolo. E danza col cuore.

La presenza massiccia del corpo di ballo ha creato una splendida cornice nella quale si sono distinti: Sara Sancamillo, Salvatore Manzo e Claudia D’Antonio nel bellissimo Pas de trois del primo atto; Luisa Ieluzzi nella Danza Russa del terzo atto e Ertu Gjoni nel ruolo del cattivo Rasputin. Perfetto nella fisicità ha saputo dare forza drammatica al personaggio, che prevedeva difficili evoluzioni tecniche ed espressività incisiva. Lunghissimi applausi scroscianti per tutta la compagnia di ballo, diretta da Giuseppe Picone, hanno sottolineato la felicità di uno spettacolo perfettamente riuscito. Nella speranza che i giovani danzatori ‘precari’ (quarantacinque su un totale di sessanta elementi) possano diventare una base solida, ‘stabile’ e concreta su cui costruire ancora danza di qualità.

Elisabetta Testa

 

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