Teatro San Carlo: enorme successo per “Il lago dei cigni”

È uno dei balletti più amati di sempre. Struggente, complesso, magico, Il lago dei cigni (nella foto di Luciano Romano: Luisa Ieluzzi, Alessandro Staiano, Ertugrel Gjoni) in scena al Teatro San Carlo è un trionfo di emozioni. Musica avvolgente – quella di Čajkovskij diretta da Jonathan Darlington, atmosfera rarefatta che lascia spazio alla fantasia, mondi contrapposti: quello alla corte del principe Siegfried (il primo e il terzo) e quello del lago (secondo e quarto) con l’incantesimo inquietante di giovani ragazze trasformate in cigni dal mago Rothbart.

Eleganza, danze meravigliose, un forte impatto visivo, sono elementi talmente catturanti che anche la parte del pubblico maschile più ‘distratta’ dal balletto classico, viene rapito dall’incanto della messa in scena. Lontano dall’atmosfera fiabesca e mielata de La bella addormentata e de Lo Schiaccianoci, Il lago dei cigni è il balletto della celeberrima trilogia di Čajkovskij/Petipa maggiormente denso di significati psicologici che ben si prestano ad una rilettura più moderna e approfondita, come quella che ne fece già Rudolf Nureyev – indimenticabile, turbolento ed irrequieto ballerino (il più incisivo del Novecento con Vaslav Nijinskij) – fino a quella più attuale di Patrice Bart, in scena al Teatro San Carlo fino al 31 dicembre.

La compagnia napoletana diretta da Clotilde Vayer – arricchita da altre due recenti nomine ad étoiles che riguardano Danilo Notaro e Anna Chiara Amirante – ha grandi meriti: uno fra tutti quello di saper fronteggiare stili diversi e difficoltà molteplici pur andando in scena poche volte all’anno.

Sarebbe bello poter assistere ad un calendario più fitto di titoli, visto l’impegno profuso con entusiasmo dall’ensemble, giovane, motivato e di alto livello tecnico: quaranta elementi stabili che speriamo possa ampliarsi sempre di più, includendo il numero di artisti aggiunti che ogni volta viene assunto per le grandi produzioni e poi abbandonato al proprio destino fino alla prossima produzione (e non è detto che siano chiamati tutti).

Dopo lo sfortunato debutto nel 1877 con la coreografia di Julius Wenzel Reisinger, fu Marius Petipa (autore del primo e terzo atto) a portare al successo Il lago dei cigni nel 1895 (Čajkovskij era morto due anni prima in circostanze oscure…) e con il supporto del suo assistente Lev Ivanov – cresciuto in orfanatrofio e dotato di una spiccata sensibilità (il secondo e quarto atto sono frutto della sua geniale immaginazione) – ne fece un capolavoro.

La versione coreografica di Patrice Bart –  étoile, maître de ballet, coreografo di spessore, già assistente di Rudolf Nureyev all’Opéra di Parigi – andata in scena per la prima volta nel 1997 alla Staatsoper di Berlino, punta l’accento sul ruolo della madre – regale ed intensa Annalina Nuzzo che ha reso molto bene il ruolo di manipolatrice nei confronti del figlio Siegfried. L’étoile Alessandro Staiano, nel ruolo del principe, porta in scena il personaggio tormentato con la sua consueta bellezza, prestanza fisica e vigore tecnico e ben rappresenta tutta l’ambiguità del rapporto col suo migliore amico Benno in cui Stani Capissi (protagonista anche del pas de trois del primo atto) ha dato un’ottima prova delle sue potenzialità, suscettibili di significativi ed ulteriori traguardi.  Chi non delude mai nel ruolo del cattivo è Ertugrel Gjoni, che ha dato un forte potere malefico al mago Rothbart, presenza inquietante del balletto, mischiando sapientemente salti, giri, evoluzioni varie con la perfidia del personaggio. Particolarmente brave e sempre all’altezza della situazione Claudia D’Antonio e Martina Affaticato, dotate di belle linee, ottima tecnica e sicurezza scenica da vendere.

Nel doppio ruolo di Odette/Odile, l’étoile Luisa Ieluzzi si conferma il fiore all’occhiello della compagnia. Tenera, delicata e struggente nel cigno bianco quanto ammaliante, sensuale e sprezzante nel cigno nero. Sempre cristallina nell’esecuzione tecnica ha tanto da dire a livello espressivo. Mai una sbavatura, mai sopra le righe, ha una versatilità naturale che le consente di passare dal potentissimo In the middle somewhat elevated all’emblema iconico della danza classica pura come Il lago dei cigni, sempre nel segno della qualità. E non è poco.

Costumi importanti quelli firmati da Luisa Spinatelli – tutta l’azione è spostata nel 1910 – con tinte pastello per il primo atto e decisamente più dark nel terzo atto. La decisione di un unico intervallo tra i primi due atti e gli ultimi due rende decisamente molto più scorrevole la storia, aumentandone il pathos.

Bellissima la mazurka di soli uomini, con difficoltà tecniche non da poco e meraviglioso il lavoro del Corpo di Ballo femminile che aldilà dell’abbaglio geometrico del secondo atto, quasi sempre intoccabile dal punto di vista coreografico, esplode nella bellezza visiva del quarto atto, con disegni pazzeschi. Nessun happy end: Siegfried muore suicida ma il successo del balletto è talmente travolgente che gli applausi del pubblico cancellano ogni ombra.

Elisabetta Testa

 

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