Maurizio Vanadia:” La perfezione tecnica va benissimo ma poi ci vuole altro…”

Responsabile artistico della Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala – fondata nel 1813 da Francesco Benedetto Ricci come “Imperial Regia Accademia di Ballo” – Maurizio Vanadia segue con determinazione e dedizione i duecento allievi che la compongono. Articolata in otto anni di corso, distribuiti fra gli 11 e i 18 anni di età, la Scuola di Ballo consente di ottenere un diploma dalla duplice specializzazione: in danza classico-accademica e danza moderno-contemporanea, in linea con le esigenze delle grandi compagnie internazionali che richiedono ai ballerini professionisti la padronanza di un repertorio sempre più ampio e diversificato. Affabile, preparato, entusiasta del proprio lavoro, a pochi minuti dalla messa in scena dello spettacolo dei suoi allievi, Maurizio Vanadia si racconta con garbo e allegria.

Maestro, com’è entrata la danza nella sua vita?

Fin da piccolo volevo fare l’artista, mi piacevano il canto, la recitazione e…il ballo. Ho cominciato a studiare danza per caso, a Torino, in una scuola privata con alcuni maestri della Scala, ormai in pensione. Ero molto portato e sono stati loro a consigliarmi di fare l’audizione per essere ammesso alla Scuola di Ballo dove sono stato preso al quarto corso.

Che cosa è stato difficile?

La lontananza dalla famiglia e poi la disciplina, che all’inizio è sempre un po’ traumatica da accettare. Mi sono abituato subito perché ho capito che quella era la strada giusta per intraprendere il percorso che volevo fare.

Che cosa la colpisce nei suoi allievi: le doti, la bellezza, l’intelligenza, la musicalità, la presenza scenica?

La cosa che mi affascina più di tutto è l’entusiasmo che hanno nel danzare e soprattutto quando riescono a trasmettere le loro emozioni.

Che cosa le piace del mondo della danza e che cosa non sopporta?

Il mondo della danza è bellissimo, la danza è un’arte meravigliosa se la fai con passione, se è un’urgenza di cui non puoi fare a meno; la cosa brutta è che quella del ballerino è una professione che dura troppo poco!

Avrà un gran da fare con circa duecento allievi e tante discipline, dallo studio della tecnica classica a quella contemporanea…

Si, seguiamo parallelamente il percorso classico e quello moderno-contemporaneo, negli ultimi anni mettiamo in scena per i nostri allievi le più celebri coreografie dei maestri del Novecento e di oggi come George Balanchine, Anton Dolin, Jiří Kilyán, William Forsythe, Maurice Béjart, Mats Ek, José Limón, Roland Petit, Angelin Preljocaj, per prepararli alla professione. Già dal sesto corso i ragazzi iniziano questo tipo di percorso, imparano a ballare le coreografie che vanno in scena nei teatri di tutto il mondo.

Che tipo di tecnica o metodo utilizzate?

La danza classica è sempre la stessa: stendi i piedi, volta le gambe, ecc… utilizziamo diversi metodi: quello russo di Agrippina Vaganova, la scuola francese e la scuola italiana. Il risultato è un po’ un misto e devo dire che funziona. La nostra forza è quella di avere insegnanti di diversi paesi: francesi, russi, italiani…

Qual è la dote che secondo lei non può mancare ad un giovane ballerino che vuole intraprendere la strada professionale?

In assoluto la passione, poi un bel fisico, musicalità ed elasticità.

La tecnica è andata molto avanti…forse a discapito dell’arte della danza…che cosa ne pensa?

È bello vedere l’evoluzione della tecnica, il virtuosismo mi colpisce ma preferisco lasciarmi incantare da come vengono eseguiti i passi e soprattutto dalle emozioni che vengono trasmesse. Penso a due dei miei idoli come Rudolf Nureyev e Carla Fracci che trasmettevano emozioni anche se magari non facevano venti pirouettes… eppure se assistevi ad un loro spettacolo rimanevi meravigliato.

Che cosa è cambiato negli ultimi anni nell’insegnamento della danza classica?

Oggi, in tutto il mondo, si va alla ricerca della perfezione tecnica, della gamba più alta, del piede più bello, dell’arabesque infinito… va benissimo però poi ci vuole anche dell’altro…

Che cosa la emoziona nella danza, perché le piace ancora, dopo tanti anni?

Questa è una bella domanda…è una cosa che fa parte di me, della mia crescita, della mia vita quindi mi emoziona sempre, in qualunque sfaccettatura. Riesce ancora ad emozionarmi, soprattutto se è una bella danza.

Senza pensarci troppo vuole dirmi tre aggettivi nei quali si riconosce? Com’è Maurizio Vanadia?

Dovrebbero dirlo gli altri…non so…io cerco di essere calmo, di non arrabbiarmi e di fare il meglio possibile per me e soprattutto per gli altri…

Si, ma lei com’è?

Perfetto!!! Scherzo…Sono abbastanza allegro, cerco di trasmettere ai ragazzi l’energia positiva per ballare bene, intanto per loro stessi…non per il papà o la mamma. Devono amare veramente la danza per riuscire a dare il massimo, per migliorare bisogna capire quali sono i difetti e lavorarci su, indipendentemente dal ruolo che si interpreta, più o meno importante. La Scuola di Ballo è un vivaio per la compagnia e gli allievi, oltre ai loro spettacoli nel corso dell’anno, vengono spesso inseriti in quelli della compagnia.

Qual è il ricordo più bello che ha?

Non ce n’è uno in particolare…quando hai ballato bene e qualcuno viene a dirti:” Bravo, mi sei piaciuto tantissimo!” ecco, questo diventa un momento piacevole da ricordare.

Sogni, progetti futuri?

Quel che capita…

Che cos’è la danza per lei?

È anche la vita.

Elisabetta Testa

 

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