Frédéric Olivieri:” La danza è un percorso che non finisce mai”

Per quattordici anni ha diretto la Scuola di Ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala, con grande forza e determinazione, divenendone poi supervisore e firmando anche le coreografie, articolate, difficili e bellissime, per i duecento allievi che la compongono. Dal 2017 dirige la Compagnia del Teatro alla Scala, con produzioni che spaziano in lungo e in largo dal repertorio classico a quello contemporaneo. Frédéric Olivieri – una vita dedicata alla danza tra successi, premi, riconoscimenti prestigiosi – ha esperienza da vendere e una grande qualità di lavoro, oltre ad essere una persona generosa e solare.

Maestro che cosa è difficile nella gestione di una compagnia come quella del Teatro alla Scala e come fa a conciliare due ruoli così importanti?

Non parlerei di difficoltà… è un grande piacere farlo…per quanto riguarda l’organizzazione bisogna avere le idee chiare, una linea artistica ben disegnata – sia per la scuola che per la compagnia – una volta tracciata si lavora per raggiungere l’obiettivo, sia dal punto di vista tecnico che da quello artistico. Il livello tecnico della scuola è molto alto, quando creo le coreografie per gli allievi (l’ultima è stata Lo Schiaccianoci) mi trovo di fronte dei giovani professionisti. Ho diretto la Scuola di Ballo per tanti anni e oggi ho il ruolo di supervisore. Gli allievi studiano tanto, imparano stili diversi e devono essere pronti, dopo il diploma, ad entrare in compagnia affrontando, a soli diciotto/diciannove anni, le difficoltà de Il lago dei cigni di Rudolf Nureyev o Lo Schiaccianoci di George Balanchine, creazioni di Angelin Preljocaj piuttosto che di Wayne McGregor.

La Compagnia della Scala ha infatti una programmazione ricca di titoli e varia nello stile, passa tranquillamente da balletti del repertorio classico a coreografie contemporanee…

Quest’anno nella programmazione ho voluto avere un titolo ogni mese, a settembre è andato in scena Giselle, ad ottobre Onegin, a novembre Symphony in C, poi Sylvia e in questi giorni Serata van Manen – Petit. Può essere difficile passare dalle punte ai movimenti moderni ma alla fine c’è grande entusiasmo e una crescita artistica importante. La compagnia è pronta per mettere in scena questa varietà che deve essere presente in un teatro come la Scala.

Che cosa le piace del mondo della danza e che cosa non sopporta?

Mi piace l’onestà, la generosità, la sincerità, quello che non sopporto è la falsità…ma non solo nel mondo della danza, in generale. Ballare è una strada difficile che comincia a undici anni e fino alla fine della carriera ci si rimette in discussione ogni giorno, dal corpo di ballo fino ai primi ballerini. Non si può andare avanti per abitudine. Un artista che vive di routine non è un artista.

Che cosa la emoziona nella danza?

L’entusiasmo che hanno i ragazzi più giovani, la purezza che portano in scena. Trasmettono quello che sentono in maniera del tutto spontanea, poi, quando diventano grandi, si lasciano guidare dal maestro di ballo o dal direttore che sa moderare esattamente le loro sensazioni. Il “troppo”, nel balletto, non è giusto.

Che cosa guarda in un ballerino: la bellezza, le doti, la musicalità, la presenza scenica?

Questa è una bella domanda…diciamo che, in generale, qualche dote bisogna averla…ma l’occhio va dove c’è quel qualcosa che non si può insegnare: è un’aura che avvolge alcuni artisti, una luce particolare che li illumina. Questa luce non si insegna: o c’è o non c’è.

Qual è la cosa più difficile da insegnare?

La regolarità. La danza è un percorso che una volta cominciato non finisce mai, è come un treno che va e continua ad andare senza fermarsi… si impara, si cresce, i momenti belli si alternano a momenti molto difficili ma comunque bisogna sempre andare avanti. Il mio ruolo è quello di far capire a tutti che devono proseguire, senza perdere la passione e la ricerca della bellezza che è propria di questo mestiere.

Dove vuole arrivare Frédéric Olivieri?

Ah noooo io sono arrivato, sono felice così! Le mie giornate sono piene ed è bello ricevere la soddisfazione del successo ottenuto negli ultimi spettacoli in scena come Sylvia, interpretato dalla compagnia, o Lo Schiaccianoci dagli allievi della scuola.

Ma lei com’è, me lo dice?

Sono francese!!! Ma no… sono mezzo italiano…a parte gli scherzi, il fatto è che è sempre difficile parlare di sé, in generale quelli che mi conoscono dicono che sono una persona generosa ed appassionata ed io…ci credo!

Che cosa è cambiato nella danza, in questi ultimi anni?

Manca un sostegno importante per il balletto, ma forse no, non si può dire veramente che manchi… Il balletto va avanti da secoli e lo fa con le star famose, che sono i grandi nomi della danza, artisti celebri nel mondo e poi altri che per tutta la vita fanno parte del corpo di ballo eppure vanno in scena con grande passione anche se per tutta la vita resteranno nelle file del corpo di ballo.  La difficoltà maggiore forse è nella mancanza di novità nelle creazioni, bisogna spingere di più a creare, in Italia, affinché possiamo trovare nuovi coreografi per il futuro. Per quanto riguarda la tecnica ci sono stati dei periodi in cui si è arrivati ad un punto di esasperazione ma credo che ora ci sia un ritorno all’essenziale, all’autenticità, alla semplicità, alla profondità dell’arte della danza.

Che cos’è la danza per lei?

È vita, è respiro, è anima, bellezza, arte. Dà un senso importante alla vita di un artista.

Elisabetta Testa

 

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