Giuseppe De Rosa, "musica e danza vivono in simbiosi"

Non si ferma mai. Pianista, compositore, direttore d’orchestra, autore del libro “Metodo per pianisti accompagnatori della danza” (Edizioni Suvini Zerboni – Milano) ha inciso vari dischi, l’ultimo dei quali è S p A X i a n o (sax e piano), creato in collaborazione con un pittore abruzzese, in cui ogni brano musicale ha ispirato un dipinto. Giuseppe De Rosa, con la semplicità e l’allegria che lo contraddistinguono parla a ruota libera della sua musica, che gli fa battere il cuore.

Dal Conservatorio di Musica al mondo della danza, perché?

La danza mi ha contagiato, l’ho scoperta circa venti anni fa ed è stata come un virus, mi ci dedico totalmente. Al Conservatorio, nel Corso di Composizione, ero allievo del maestro Gaetano Panariello, un giorno mi disse che al Teatro San Carlo cercavano un pianista accompagnatore al ballo. La mia prima lezione fu con Antonina Randazzo, non avevo minimamente idea di come si svolgesse una lezione di danza, forte di una buona lettura a prima vista ero convinto che mi dessero degli spartiti ma non fu così… superato il primo imbarazzo iniziale, ho capito tante cose. Le devo molto perché mi ha insegnato tutto, a partire dalla quadratura delle frasi.

Ho seguito la Scuola di Ballo per un paio d’anni, poi sono passato alla compagnia dove ho lavorato per altri quattro anni. Subito dopo sono stato preso alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala di Milano dove ho suonato per un anno e mezzo. Da sei anni sono pianista accompagnatore all’Accademia Nazionale di Danza di Roma per la quale ricopro anche il ruolo di docente titolare di cattedra del Liceo Coreutico di Salerno. Posso dire con orgoglio che è un’isola felice, almeno per organizzazione, struttura e serietà di lavoro.

Che cosa è stato difficile?

Non ricordo episodi in particolare, forse a proposito della pubblicazione del mio libro che ho scritto con grande entusiasmo proprio su suggerimento del maestro Panariello. Ho realizzato questo progetto con molta umiltà, mi piace andare sempre avanti, non fermarmi mai. Forse ha dato fastidio a qualcuno…

Come ha vissuto il passaggio dalla libertà assoluta della musica ai binari fissi di una lezione di danza con le sue frasi quadrate?

In realtà il classicismo della musica – penso a Mozart, Haydn, Beethoven – sancisce il principio  della simmetria, quindi la struttura di frasi quadrate. Non avere paletti è sicuramente più facile ma oltre alla danza classica accompagno anche lezioni di contemporaneo, dove c’è molta più asimmetria nella costruzione degli esercizi.

E’ riconosciuta la qualifica di pianista accompagnatore al ballo?

Al ministero stanno decidendo le nuove classi di concorso per i licei coreutici. Purtroppo ci sono molti tecnici poco competenti che non ascoltano le esigenze della scuola. Pare che in queste classi di concorso abbiano dimenticato le ore di lezione per il pianista accompagnatore. Che differenza c’è allora tra una scuola di danza privata e un liceo coreutico che dovrebbe essere il fiore all’occhiello per la formazione di un giovane allievo? Studiare danza col cd in un liceo coreutico non ha tanto senso. Non si possono scindere danza e musica. Il mio è un appello, spero che questa lacuna venga colmata perché non si può pensare una lezione di danza senza il pianista. Il mio libro è rivolto a tutti coloro che vogliono diventare pianisti accompagnatori al ballo. Non esiste in Italia un corso di questo genere per una professione che, tra l’altro, non è abbastanza conosciuta. Molti giovani che hanno intrapreso questo percorso hanno avuto un valido aiuto nel mio testo. È un mestiere che nessuno ti spiega, lo impari sul campo.

Che rapporto c’è tra danza e la musica?

Un rapporto di simbiosi. La musica è al servizio della danza ma la danza senza musica non è tale. Sono sullo stesso livello, entrambe hanno bisogno l’una dell’altra.

Che c’entra lei con lo Zecchino d’oro?

Ho scritto quattro canzoni in gara, una in particolare – Il contrabbasso – è piaciuta particolarmente a Renzo Arbore che ha telefonato in diretta.

Qual è stato il momento più bello del suo percorso?

Il riscontro che ha avuto il mio libro, pubblicato cinque anni fa. Ha avuto un successo notevole in tutta Italia. Non vorrei esagerare ma oltre ad essere l’unico testo specifico ha venduto più di duemila copie, non me l’aspettavo proprio.

Che cosa la emoziona nella musica?

La musica stessa. Quando la realizzo, in qualità di direttore d’orchestra, è un’emozione fortissima. Suonare il pianoforte è stupendo ma dirigere un’ orchestra è un momento di grande intensità: tante persone diverse che viaggiano nella stessa direzione.

Che cosa è il talento secondo lei?

Un qualcosa di innato. Con lo studio puoi migliorare, perfezionare ma il talento è un quid in più, si amplifica se sei tenace nello studio. Non bisogna mai cedere ma impegnarsi giorno per giorno, non accontentarsi mai. Il talento è una magia. Ognuno di noi ha qualcosa dentro di sé che deve tirare fuori.

All’Accademia di Danza segue le lezioni di classico e contemporaneo e poi?

Negli ultimi anni seguo il Triennio di Coreografia al Teatro Carlo Gesualdo di Avellino dove ho insegnato pratica strumentale ai danzatori: simmetria, asimmetria, conoscenza di vari ritmi diversi nell’ambito del contemporaneo.

Che cos’è il ritmo?

La pulsazione. È l’elemento che muove tutto, l’universo intero. Ci sono delle regole ma sono decisamente soggettive. Due suoni già formano un ritmo, sono la cellula minima. Di solito si dice che il ritmo è la successione regolare di suoni ma sono frasi fatte, come dire che la danza è un insieme di movimenti.

Tre aggettivi che la descrivono?

Umile, timido e tenace.

E’ ambizioso?

Assolutamente si, aspiro sempre a qualcosa in più, non mi accontento mai penso sempre di poter fare di più.

Perché le piace così tanto accompagnare la danza?

C’è un aspetto in particolare che mi attrae molto. Per la lirica, ad esempio, bisogna avere una buona lettura a prima vista: leggi lo spartito e accompagni il cantante. Nella danza oltre a questo devi avere la pratica dell’improvvisazione. Non c’è nessuna musica già esistente che puoi adattare all’esercizio. La prassi dell’improvvisazione, che tra l’altro si è anche persa perche non si studia più nei conservatori e che in passato era fondamentale, è l’aspetto che mi ha affascinato di più nel seguire la danza. Bisogna saper creare all’istante. Un pianista che improvvisa non è solo un pianista, è un pianista che compone, dunque un compositore.

Qual è l’errore più comune che può fare un insegnante di danza nel lavorare col pianista?

Pensare una determinata ritmica per un esercizio ma tradurla in un altro tempo. Usando il cd ci si abitua sempre alle stesse musiche, non si pensa più agli accenti, al fraseggio musicale.

E poi un appello al mondo della danza lo farei, alcuni pensano che la musica sia al servizio della danza, questo secondo me non è giusto. La musica non è un servizio, musica e danza sono due arti che si uniscono. Alcuni danzatori hanno un po’ di confusione in merito.

Un sogno nel cassetto ce l’ha?

Mi piacerebbe comporre un balletto. Per il resto ho fatto tante cose, e ringrazio la vita per le opportunità che mi ha dato.

Che cos’è la musica per lei?

La mia vita, non so fare altro. Le dedico tutta la mia esistenza, i miei pensieri. Sono fortunato perché faccio un lavoro che è la mia passione.

Elisabetta Testa

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