Schiaccianoci al Teatro San Carlo, "un incanto perenne"

Un altro Natale. Un altro Schiaccianoci. E il successo è assicurato, anzi molto più di un semplice successo a giudicare dal tutto esaurito che il Teatro San Carlo – il più bello del mondo – ha registrato per ogni replica. E’ il balletto di repertorio più rappresentato al mondo durante le feste natalizie ed è facile capirne il motivo: esalta la tradizione, incanta con la magia, coinvolge grandi e piccoli regalando un po’ di serenità. Lontano da trame complicate con sviluppi psicologici oscuri, Schiaccianoci non è altro che la celebrazione stessa del Natale in un’atmosfera familiare festosa. Nel panorama inquietante e difficile dei nostri giorni è un tocco di leggerezza che fa sognare e basta.

Tra i grandi titoli non è certamente quello con un libretto particolarmente interessante ma forse ha ragione George Balanchine : ” Lo Schiaccianoci è uno dei più bei doni della danza, non soltanto per i bambini ma per chiunque ami l’elemento magico del teatro: ha un incanto perenne che non dura soltanto i giorni di Natale ma tutto l’anno.” E allora via libera alle sorprese, ai giocattoli che si animano, alla fantasia che vola. Ad apertura di sipario l’incanto è assicurato grazie alla magia delle scene di Nicola Rubertelli, al cromatismo abbagliante e alla raffinatezza dei costumi meravigliosi di Giusi Giustino – da venticinque anni direttrice della sartoria del Teatro San Carlo – alla musica coinvolgente e celebrativa di Čajkovskij diretta con grande forza dal maestro Nicolae Moldoveanu, accolto con entusiasmo dal pubblico partenopeo. Alla bellezza della danza, tout court.

Creato nel 1892 con la coreografia di Lev Ivanov – assistente di Marius Petipa che dopo una prima fase di ideazione del balletto dovette lasciargli la realizzazione in seguito ad una malattia, Lo Schiaccianoci – uno dei grandi titoli del repertorio classico dell’ Ottocento- vanta una enorme varietà di messe in scena. La trama anticipa in qualche modo il balletto psicologico del Novecento, sottolineando le prime emozioni sentimentali di Clara, protagonista del racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann.

La versione coreografica e drammaturgica di Lienz Chang, maître de ballet della compagnia, seppur nuova non ne ha stravolto l’impianto originale.

Il primo atto, molto ben costruito e scorrevole (manca la scena in cui l’albero di Natale cresce a dismisura parallelamente ai sogni della protagonista) mette in luce tutta la bravura di Sara Sancamillo (Candida Sorrentino nel secondo cast) che, nel ruolo di Clara, senza soluzione di continuità regala al pubblico un’ottima interpretazione vincolata a grande qualità di lavoro.

Fresca, precisa, sicura di sé, dotata di bellissime linee, non nasconde i suoi fragili turbamenti o la sua sorpresa ingenua di fronte alle avventure fantasiose che vive di volta in volta.

Nella perfetta successione della scena dei festeggiamenti- curatissima in ogni dettaglio così come la battaglia tra topi e soldatini che allarga il campo d’azione utilizzando continue entrate ed uscite dal palcoscenico creando una sequenza di forte impatto – era forse un po’ troppo calcata la figura dei nonni, contornati dall’allegria dei bambini, felici e spensierati come si conviene, resa convincente dai piccoli allievi della Scuola di Ballo diretta da Stéphane Fournial.

Meno legato l’andamento del secondo atto, tra una danza e l’altra – ciascuna ben eseguita nel celebre divertissement – brevi interventi mimati dei protagonisti, seppur con l’intento di fare da trait d’union, interrompono il fluire della danza che risulta particolarmente scarna nel valzer dei fiori, coreograficamente poco incisivo per un brano, tra i più famosi, che dovrebbe puntare sull’insieme compatto di fiori volteggianti.

Nel ruolo della Fata confetto, Anbeta Toromani (con Alessandro Macario nella foto di Luciano Romano) ha sfoderato tutta la sua delicatezza in un ruolo per niente facile tecnicamente.

Bella, interiore, raffinata in ogni gesto, ha danzato con la consueta professionalità regalando toccanti emozioni. Al suo fianco Alessandro Macario, primo ballerino ospite del Teatro San Carlo, ha colorato la scena con la sua potenza tecnica, frutto di anni e anni di lavoro, in un crescendo di qualità. Sicuro di sé, con giri e salti di grande forza, non delude mai nella resa scenica superando ogni volta le aspettative.

In una compagnia giovane e ben affiatata come quella del Teatro San Carlo, spicca la grande esperienza di Edmondo Tucci, nel ruolo del padrino Drosselmayer, e quella di Alessandra Veronetti – la regina della neve, in alternanza con Roberta de Intinis – tutti e tre primi ballerini di spessore del lirico napoletano.

Nel secondo cast si sono distinti particolarmente due giovani meritevoli: Claudia d’Antonio, che sfoggia ogni volta una sorprendente sicurezza scenica, tecnica spavalda e sensibilità nell’interpretazione e Salvatore Manzo, dalle linee mozzafiato con giri da compasso e veloci batterie.

Calorosissimi gli applausi a scena aperta che il pubblico napoletano e non (sempre più numerosi i turisti presenti in sala), ha regalato a tutta la compagnia del Teatro San Carlo per l’ottimo lavoro svolto e il consueto impegno dimostrato. Un impegno che merita rispetto, considerando le monumentali difficoltà che continuano ad investire il settore danza, e che nasce da una grande forza. Quella di un futuro migliore, in cui ogni giovane possa riuscire a realizzare il proprio sogno.

Elisabetta Testa

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