Les Étoiles: un gala dalla luce abbagliante

Ha grandi meriti. Da molti anni si muove nel campo della danza con bravura e determinazione, con un occhio sempre attento alla realtà, in bilico tra tradizione e innovazione, tra artisti affermati e giovani talenti. Daniele Cipriani non si ferma. E fa bene, a giudicare dai risultati strabilianti che ottiene ogni volta. Duemilasettecento persone, moltiplicate per due spettacoli, sono decisamente un numero congruo di spettatori che sabato 27 e domenica 28 gennaio hanno gremito la sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, una struttura pazzesca progettata dall’architetto Renzo Piano.

Mentre a cielo aperto una luna quasi piena illuminava la notte romana, le stelle della danza hanno luccicato talmente tanto da abbagliare la vista. Uno spettacolo curatissimo e molto ben equilibrato che ha spaziato dal repertorio classico a quello più moderno con picchi di bravura, di eleganza, di virtuosismo, di una qualità inarrivabile, degna degli dei dell’Olimpo.

Il gala “Les Étoiles”, a cura di Daniele Cipriani, ha lasciato tutti a bocca aperta per la meraviglia di un’arte espressa al massimo delle possibilità da ciascun artista. Provenienti da ogni parte del mondo, ognuno di loro ha portato in scena il proprio stile. A partire da una giovanissima Alena Kovaleva del Teatro Bolscioi, diciannove anni appena, morbida e flessibile come un giunco, raffinatissima in ogni passaggio, destinata a far parlare di sé per lo splendore che emana, che ha danzato acconto a Jacopo Tissi (nella foto), dalla Scala al Bolscioi (unico italiano!) elegantissimo nel portamento, forte e preciso nella tecnica. Insieme hanno danzato nel passo a due di Diamonds, da Jewels di George Balanchine, e Raymonda nella versione coreografica di Yuri Grigorovich. Con la consueta sicurezza, che diventa nel suo caso perfezione assoluta, Iana Salenko, ucraina, da tempo all’Opera di Berlino, ha danzato ne La Bayadére e ne Le Corsaire in maniera sublime, accanto al coreano Kimin Kim, uno dei pochi stranieri accolti nella compagnia del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, dotato di una tecnica eccelsa con salti volanti e giri da compasso.

Molto feeling tra Léonore Baulac e Hugo Marchand, entrambi dell’Opéra di Parigi, che hanno presentato una bellissima versione di Esmeralda e, in opposit, una coreografia contemporanea di Benjamin Millepied, fluida e ben articolata. A sconvolgere l’atmosfera romantica ci ha pensato Sergio Bernal, primo ballerino del Ballet Nacional de España, bello/bellissimo, con una tecnica strepitosa e una personalità magnetica, ha trascinato il pubblico nella foga della danza spagnola con improvvisi e inaspettati virtuosismi classici nella Farruca del Molinero su musica di Manuel de Falla. Joaquin de Luz, madrileno, primo ballerino del New York City Ballet, ha colorato il palcoscenico enorme con allegria, brio, umorismo e bravura tecnica, unita ad una grande verve espressiva in Five variations on a theme, sulla splendida musica di Bach. Applausi meritatissimi per Liudmila Konovalova, che danza all’Opera di Vienna, e Vladimir Shklyarov del Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, che nel celebre e difficilissimo passo a due del cigno nero hanno veramente dato prova di un virtuosismo pirotecnico.

Shklyarov, étoile a sorpresa dell’anno scorso, ha divertito il pubblico con una coreografia piena di umorismo – e molto impegnativa tecnicamente – dal titolo Ballet 101, costruita sulla sequenza dei passi base della danza che poi, presi in disordine, formano una vera e propria coreografia. Su tutti, la presenza di Marianela Nuñez – argentina, étoile del Royal Ballet di Londra – in coppia con Daniel Camargo del Balletto di Stoccarda. Una padronanza tecnica da manuale e soprattutto una indiscussa versatilità artistica che l’ha portata ad eseguire a distanza di pochi minuti, e sempre in maniera eccelsa, il passo a due del secondo atto di Giselle, struggente e romantico, e quello del Don Chisciotte, suo cavallo di battaglia e meraviglioso esempio di grande danza. Il duo composto da Sergio Bernal, étoile a sorpresa della serata, e Joaquin de Luz, dal titolo Folia de caballeros, coreografato proprio dagli interpreti, è stata una sfida avvincente a colpi di tecnica, con due artisti di grande caratura.

Il gran finale è stato un unico, abbagliante fuoco d’artificio tra artisti che, con la loro passione e un incredibile talento – unito ad anni e anni di lavoro – hanno raggiunto livelli altissimi che gli applausi scroscianti del pubblico entusiasta hanno sottolineato più e più volte fino ad esplodere in un lungo ed interminabile boato.

Aggiungendo un’altra emozione.

Elisabetta Testa

 

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