Carla Fracci nel cuore

20 agosto 1936 – 27 maggio 2021

Unica. Irraggiungibile. La sua arte sublime ha segnato in maniera indelebile il mondo della danza. Artista immensa, con la capacità rarissima di essere il personaggio, oltre a interpretarlo in maniera superlativa, Carla Fracci è l’icona della danza italiana nel mondo. Ma anche una tra le più grandi ballerine del XX secolo. Considerata l’erede di Maria Taglioni per la perfezione stilistica, la delicatezza, l’espressività toccante, le lunghe braccia eteree, la tecnica cristallina con cui ha portato in scena, nella sua interminabile carriera, balletti come La Sylphide o Giselle, Carla Fracci ha interpretato un numero impressionante di ruoli, diversissimi tra loro, che hanno consacrato la sua versatilità e longevità artistica. Definita da Clive Barnes, autorevole critico del «New York Times», «la Duse della danza» per la sua inarrivabile interpretazione del ruolo di Giulietta, nel celebre balletto Romeo e Giulietta di Sergej Prokof’ev, è stata paragonata a Sarah Bernhardt, insuperabile attrice francese, per la sua interpretazione del ruolo di Lizzie Borden nel balletto Fall River Legend di Agnes De Mille.

Cavaliere, Commendatore, Grande Ufficiale e Dama di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, ha ricevuto la Medaglia d’oro conferita ai benemeriti della cultura e dell’arte. Ha incontrato, conosciuto, frequentato i personaggi più significativi del Novecento, tra cui Charlie Chaplin, la regina Elisabetta d’Inghilterra, Federico Fellini, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, ha ispirato poesie a Eugenio Montale e Alda Merini, è stata ritratta da Renato Guttuso e Mario Donizetti e scolpita da Mario Messina, è stata amica di Eduardo De Filippo che nel 1978 l’ha voluta accanto a sé come Filumena Marturano danzante, nel grande omaggio a lui dedicato, al Teatro Tenda di Roma. Ha lavorato con i registi Franco Zeffirelli e Renato Castellani, e con i più grandi coreografi del suo tempo, come George Balanchine, Frederick Ashton, John Cranko, Maurice Béjart, Antony Tudor, Roland Petit e Glen Tetley.

È la ballerina che al mondo ha danzato il più gran numero di balletti. Circa cinquecento titoli che sommano a quelli del grande repertorio classico – La Sylphide, Giselle, Lo Schiaccianoci, La Bella addormentata, Il Lago dei cigni, Raymonda, Excelsior, Romeo e Giulietta, Cenerentola… – il numero più alto di creazioni a lei ispirate, in gran parte scritte e dirette dal regista Beppe Menegatti, suo marito: Splendori e miserie, Sogno romantico, Nižinskij, Cocteau Opium, Ricordo di Isadora Duncan, Zelda Fitzgerald, La muta di Portici, Ifigenia, Fedra, Coco Chanel, Eleonora Duse, Maria Stuarda, Souvenir di Giulietta, Mirandolina, La Signora delle camelie, Filumena Marturano... Tantissimi i partner che si sono avvicendati al suo fianco, a partire dal prediletto Erik Bruhn (con il quale ha formato “l’altra coppia”, in antitesi a quella di Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev) e proseguendo con Vladimir Vasil’ev, Michail Baryšnikov, Fernando Bujones, Patrick Dupond, Richard Cragun, Paolo Bortoluzzi, Gheorghe Iancu, Paul Chalmer, Charles Jude, Eric Vu An, Julio Bocca, Roberto Bolle, Massimo Murru e tanti altri.

“Il mio universo professionale è sempre stato composto da disciplina, sudore, rigore, tempi lunghi. Essere una ballerina non consente inganni, quando sei in palcoscenico tutti possono vedere se vali o no. Non ho mai pensato a quello che sarei diventata, però il movimento ineluttabile della vita, e della mia carriera, mi ha posto nella precisa condizione di diventare un simbolo e allora la mia massima preoccupazione è stata di non deludere, mi sono sempre assunta ogni responsabilità. La mia vita mi piace molto e ho amato profondamente il mio lavoro, pieno di emozioni, di palpiti, di partecipazione…una condizione esaltante che fa sentire realizzati. Il sacrificio, come vedi, scende in secondo ordine. Ciò che caratterizza l’esistenza umana è il passare del tempo: forse bisogna renderselo amico, non contarne i minuti ma sentire la forza che rappresenta. Perché il tempo contiene tutto. Anche la gioia e il dolore servono per crescere. Mi fa paura la morte ma mi sembra un buon segno perché vuol dire che sono attaccata alla vita! Se penso a tutto quello che ho fatto mi chiedo: ma come ho fatto?”.

Carla Fracci, ultima grande ‘divina’ della danza classica internazionale.

Elisabetta Testa

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