Lo Schiaccianoci di Giuseppe Picone incanta il Teatro San Carlo

In un’epoca superficiale e distratta che dimentica in fretta, cancella, passa oltre, riuscire a mantenere il valore della tradizione è un segnale importante. Da molti anni il Teatro San Carlo, frequentato sempre più spesso da turisti increduli di fronte al bagliore del “teatro più bello del mondo”, celebra le feste natalizie con la messa in scena de Lo Schiaccianoci, un balletto che coinvolge grandi e piccini.

Creato nel 1892 (tra La Bella Addormentata ,1890, e Il lago dei cigni,1895) dal gran genio di Marius Petipa – che in seguito ad una malattia dopo aver delineato il progetto lasciò la realizzazione al suo assistente Lev Ivanov – Lo Schiaccianoci andò in scena per la prima volta al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, tempio della danza, con la splendida musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij.

La storia della piccola Clara (Maria nella versione russa) e del suo schiaccianoci è basata su una trama di Alexandre Dumas padre, che a sua volta l’aveva ricavata da una fiaba natalizia di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann e se da una parte sottolinea l’atmosfera delle feste con tanto di albero addobbato, invitati, regali, tanti invitati e un salotto elegante – quello della famiglia Stahlbaum – dall’altro diventa un viaggio nella fantasia che, tra la battaglia surreale dei topi contro i soldatini, il coinvolgente valzer dei fiocchi di neve, il divertissement del secondo atto con la danza spagnola, quella araba, la pastorale, la danza russa, l’incantevole valzer dei fiori, arriva ad uno dei punti più alti del repertorio classico: il celebre passo a due della Fata Confetto e del suo Principe, con un brano musicale struggente e meraviglioso.

Su tutta la storia domina la figura del padrino Drosselmeyer, interpretato con la forza e l’esperienza di sempre da Edmondo Tucci, primo ballerino del Teatro San Carlo, che guida la protagonista nelle vicende avventurose e sognanti, con i relativi risvolti psicologici che l’indimenticabile Rudolf Nureyev ha sottolineato, più di ogni altro, nella sua impervia versione coreografica. Dal 1952 ad oggi, numerosi e diversissimi i rifacimenti, ed è giusto che sia così, pur rispettando la tradizione di un titolo riproposto nei migliori teatri del mondo con le compagnie più prestigiose.

La mise en scène di Giuseppe Picone, direttore della compagnia napoletana, bellissimo/ bravissimo e strenuo difensore dell’arte della danza, che tra mille ostacoli (uno fra tutti il numero esiguo dei ballerini) continua ad andare avanti con passione, coraggio, speranza e professionalità, è decisamente frutto di tutto il suo instancabile lavoro e della sua grande esperienza, conquistata in giro per il mondo fin da giovanissimo. Scorrevole, ben costruita, musicale (l’orchestra diretta dal maestro Karen Durgaryan ha tirato fuori qua e là qualche piccola sbavatura) ha dato spazio ai migliori elementi dell’ensemble napoletano a partire da Claudia D’Antonio, tenera, leggiadra, naturale nella spontaneità infantile che richiede il suo ruolo, quello di Clara, che si oppone ad una tecnica solida e rifinita oltre ad essere sempre a suo agio ogni volta che è in scena; Luisa Ieluzzi, nel ruolo della Regina delle Nevi, splendente, matura e raffinata in ogni passaggio; Danilo Notaro, nel brano della Pastorale, che oltre a bellissime linee ha sfoggiato un virtuosismo degno di nota, con una espressività incisiva e mai sopra le righe; Carlo De Martino, che non delude mai col fuoco di fila vorticoso di giri/salti/batterie.

Su tutti – nei panni del Principe – Vadim Muntagirov, russo, primo ballerino del Royal Ballet, ha incantato con la sua presenza gioiosa e vibrante perché, con buona pace di una tecnica abbagliante, è uno che danza col cuore. Accanto a lui, Lauren Cuthbertson (nella foto di Francesco Squeglia con Vadim Muntagirov, Edmondo Tucci e Claudia D’Antonio), étoile del Royal Ballet, per la prima volta ospite al Teatro San Carlo, ha interpretato con estrema delicatezza il difficile ruolo della Fata Confetto con precisione diamantina e un meraviglioso, quanto raro da trovare, lavoro di braccia. Sorridente, espansiva, elegante, ha rappresentato la punta più alta della difficile arte della danza. Le scene fantasiose e colorate di Nicola Rubertelli, con i bei costumi di Giusi Giustino hanno contribuito all’armonia della festa, con la consueta partecipazione del Coro di Voci Bianche, diretto da Stefania Rinaldi, e dei giovani allievi della Scuola di Ballo del teatro, la più antica d’Italia (1812) e tra le più antiche d’Europa, diretta da Stéphane Fournial. Un piacevole sold out ha reso gli applausi finali ancora più scroscianti e vigorosi segnando un altro bel successo per il Teatro San Carlo.

Elisabetta Testa

 

 

 

 

 

 

 

 

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