Léonide Massine, artista eclettico

Ballerino e coreografo russo, nacque a Mosca l’8 agosto 1895. Fu uno dei massimi rinnovatori del balletto del Novecento. Artista eclettico, nella sua lunga e movimentata carriera affrontò i generi più diversi.

Azione vivace, massima espressività, precisa caratterizzazione dei personaggi, stanno alla base della sua arte che proviene dalla lontana eredità del coreodramma di Salvatore Viganò ma anche da quella di Mikhail Fokine.

“Scopo ideale nella elaborazione del balletto – scrisse lui stesso – è quello di raggiungere il più alto potere possibile di espressione attraverso il più stretto equilibrio tra la dinamica e la plastica, nel continuo contrappunto dei movimenti corali ed individuali.” Pur aderendo agli stili e ai mondi pittorici dei suoi molti ed illustri collaboratori, per la parte scenografica, riuscì sempre a rimanere fedele alla propria formula compositiva.

Lavoratore instancabile, uomo piuttosto riservato, parco nei gesti e nella parola, fu un maestro prezioso richiedendo ai suoi allievi ed interpreti – scelti soprattutto in base alle loro attitudini espressive forse più che per la loro tecnica – il massimo rendimento artistico.

Studiò presso la Scuola Imperiale del Bolscioi (Mosca) ma frequentò anche la scuola del grande Stanislavskij, il cui metodo gli sarà poi prezioso per le sue elaborazioni drammaturgiche. L’anno dopo il diploma, nel 1913, venne notato da Sergei Diaghilev che, in cerca di un successore a Vaslav Nijinskij, lo scritturò nei suoi Ballets Russes.

Protagonista, appena ventenne, di La légende de Joseph ma anche applauditissimo interprete di famosi balletti quali Petruška, L’uccello di fuoco e L’après-midi d’un faune, rivelò molto presto quelle doti di coreografo che lo imposero come il più alto esponente della seconda fase dei Ballets Russes che può dirsi “europea”. La fase cioè che, insieme all’approfondimento delle teorie di Fokine e all’accentuata struttura lirico-pittorica, portò a mettere in risalto il ballo di carattere o mezzo carattere.

Il suo primo autentico capolavoro nacque a Roma, durante la tournée italiana dei Ballets Russes e fu Les femmes de bonne humeur (1917), lavoro in cui risalta in pieno il suo stile vivacissimo e la caratterizzazione dei personaggi. A questo seguirà, sempre in quell’anno, un altro titolo storico Parade, balletto cubista nato dalla fertile collaborazione con Satie, Cocteau e, per le scene ed i costumi, Picasso. Altro lavoro passato alla storia fu La boutique fantasque su musica di Rossini, tutto impregnato di umori da Commedia dell’Arte, genere molto amato da Massine, così come la danza spagnola che lo portò a creare Le tricorne (1920) andato in scena con enorme successo all’Opéra di Parigi.

Dopo aver offerto anche una sua particolare versione dello stravinskiano Sacre du Printemps (1920) ruppe con Diaghilev e formò una sua compagnia (1921-1925) che si esibì in Sud America e a Londra.

Dopo la morte di Diaghilev e la fine dei Ballets Russes iniziò per Massine un nuovo periodo molto intenso che lo portò nei teatri più importanti del mondo, tra cui il Metropolitan di New York dove propose Le Sacre du Printemps con Martha Graham protagonista. Fu anche alla Scala di Milano e lavorò ai Balletts Russes di Monte-Carlo per i quali fu maître de ballet, succedendo a George Balanchine. Fu proprio in questo periodo che avvenne una svolta nuova ed interessante nella sua parabola artistica: la nascita dei balletti sinfonici e dunque la creazione di quel balletto concertante che è ancora alla base di tanta danza contemporanea.

Artista istintivo più che intellettuale, dotato di forte curiosità per tutti gli argomenti e le mode, Massine trovò il modo di dimostrare un momentaneo interesse anche nei confronti dell’estetica surrealista di Dalì.

Nel 1944 Massine prese la cittadinanza americana e costituì una sua nuova compagnia attiva per un breve periodo. Dopo la guerra tornerà a lavorare molto attivamente in Europa, ospite delle più note compagnie e di prestigiosi teatri. I suoi interessi si rivolsero anche cinema, due film rimasero negli annali: Scarpette rosse e I racconti di Hoffmann.

Quando morì, il 15 marzo del 1979, la sua figura da tempo brillava alta nel firmamento della danza del Novecento.

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