Giuseppe Picone: "punto tutto sulla qualità"

Da quarantacinque giorni dirige la compagnia del Teatro San Carlo e, a pochi giorni dal debutto del gala dedicato a Carla Fracci che inaugurerà la settima edizione del Festival Autunno Danza, Giuseppe Picone è sorridente, felice e fortemente propositivo.Con grande entusiasmo sta guidando la compagnia napoletana, se la sente di fare un primo bilancio?Il bilancio è assolutamente positivo perché avevo le idee chiare fin dall’inizio, sto andando avanti come un treno, sapevo esattamente cosa andava fatto per il Corpo di Ballo e come dare una linea artistica, perché ce n’era veramente bisogno. Il 26 e 27 ottobre con il gala dedicato a Carla Fracci e poi il 7 e 8 novembre con Il lago dei cigni e Il Corsaro penso che si comincerà a vedere il mio percorso che punta prima di tutto sulla qualità, fondamentale per far si che la compagnia raggiunga un livello nazionale ed internazionale. Qualità dei movimenti, qualità nel sapersi truccare, pettinare, sistemare i laccetti delle punte (le donne), le calzamaglie (gli uomini), saper fare un tendu, stare fermo in scena…questo è quello che mi hanno insegnato all’estero. Sono partito dal Teatro San Carlo e ovviamente anche in questo teatro mi sono state insegnate queste cose ma all’estero ho avuto la possibilità di approfondire di più questo aspetto perché facevo 190 spettacoli all’anno. Devo dire che io, come ballerino, come artista, sono sempre stato attento al minimo passaggio, all’errore infinitesimale che dovevo immediatamente mettere a posto perché magari il pubblico non se ne accorge ma un intenditore si. Poi ho avuto la fortuna di poter cambiare la stagione in programma, oltre ai due spettacoli  già citati ci sarà Lo Schiaccianoci di Charles Jude e Cenerentola che sarà una mia creazione, insomma una stagione diversa da quella annunciata che mi dà ancora di più l’opportunità di lavorare bene con i miei ragazzi.Sono molto felice di quanto sto realizzando, molte persone hanno la sensazione che io sia qui da mesi ma… non è così. I ballerini erano pronti a fare un salto di qualità e io li ho messi sotto torchio da quando sono arrivato, non ho visto un cedimento ma anzi un grande entusiasmo, ho fatto di tutto per coinvolgerli facendo ballare tutti. Tanti anni di studio, di sacrifici devono pur servire a qualcosa: ballare! non far parte di un corpo di ballo, con tutte le problematiche che esistono nei teatri, per stare fermi. Nell’entrata dei cigni, per esempio,  ognuna di loro ha il proprio ingresso in scena, anche la variazione di von Rothbart – interpretata da Ertu Gjoni che è un vero artista – è coreografata da me, ovviamente ispirata a Petipa.  Il pas de quatre dei cignetti, famoso in tutto il mondo, non puoi cambiarlo ed è giusto cosi ma la coreografia dei grandi cigni l’ho rivisitata ed è venuta molto bene.Sono soddisfatto di tutta la compagnia e naturalmente anche di chi fa i primi ruoli come Alessandro Staiano che è un portento, Annachiara Amirante, Claudia D’antonio, Luisa Ieluzzi, Sara Sancamillo, Carlo de Martino, Salvatore Manzo, Candida Sorrentino e Stani Capissi  che ho lasciato per ultimo perché per me è un orgoglio. Ha iniziato le prove de La bella addormentata titubante ma in quattro settimane ha rivoluzionato il suo principe, ha ascoltato me e il maestro Fedotov e mi ha lasciato senza parole. Ce li avessero tutti dei ballerini come lui, io sono stato un privilegiato da madre natura, a me le cose sono sempre riuscite facili perciò è facile aspettarsi un risultato, invece lui, che è un bellissimo ragazzo con delle proporzioni perfette, tecnicamente aveva delle lacune che io ora non vedo più, questa è la forza. Ogni componente della compagnia, dal primo all’ultimo, si sta impegnando mettendoci l’anima. Non do mai niente per scontato, neanche il ruolo più insignificante, perché quello che ho vissuto all’estero e che mi ha dato tanta forza è vedere quanto i componenti del corpo ballo, anche gli ultimi arrivati, si sentissero ballerini. In Italia si aspetta sempre l’arrivo dell’étoile ospite per fare lo spettacolo ma questo non è esatto, lo spettacolo si fa a partire dal corpo di ballo! L’étoile è in scena  dieci minuti per il pas de deux, la variazione e il finale, mentre il corpo di ballo scandisce lo scorrere dello spettacolo e deve lasciare tutti a bocca aperta. Penso anche che chi stia dietro debba essere valorizzato. La sala prove può nascondere qualcosa, anche se mi accorgo del più piccolo particolare ma in scena si vede tutto, il pubblico paga e deve avere il meglio.Étoile, maître, coreografo, direttore, come fa a conciliare tutti questi ruoli?Faccio la classe e seguo le prove…il fatto è che dopo tanti anni di esperienza so esattamente di cosa ho bisogno. La coreografia sta diventando un’ispirazione continua, è un qualcosa di istintivo che sento dentro di me. Se mi dovessero chiedere di creare una nuova Coppelia direi di no perché non me la sento, altra storia è Schiaccianoci o Cenerentola.E la coreografia per Carla Fracci?E’ stata un’idea spontanea quella di mettere in scena cinque uomini per rappresentare i suoi partners : Antony Dowell, Eric Bruhn, Rudolf Nureyev, Gheorghe Iancu e Paolo Bortoluzzi. Ad un certo punto resta da sola in palcoscenico sulla musica di Kurtag che sottolinea i momenti bui della sua vita poi però ci sono quelli belli, resi magici dalla musica di Debussy a cui si alternano il fauno e Claire de lune che danzerà con me. Nella mia versione del fauno il rapporto diventa quasi erotico, in scena, a questo si aggancerà il finale di Giselle in cui lei mi lascerà un fiore, a sottolineare una continuità tra lei e me.Quali sono state le difficoltà in questo periodo?Chi è che non le ha… ma a Napoli niente è difficile, siamo troppo fortunati a svolgere un mestiere meraviglioso. Non mi lascio abbattere da qualche ostacolo burocratico.Qual è stato il momento più bello della sua carriera finora?Il 29 luglio 2016 alle 17.42, quando sono stato nominato direttore della compagnia del Teatro San Carlo. Sono tornato a casa. Mi sono messo in gioco facendo un regolare concorso. Certo, sarebbe stato molto difficile accettare di non avercela fatta, come si è potuto vedere avevo le idee molto chiare su come procedere nell’organizzazione del lavoro. I ragazzi della compagnia hanno bisogno di me, Napoli ha bisogno di me e soprattutto volevo sfatare il fatto che anni fa sono andato via. In realtà io sono stato proprio letteralmente portato all’estero. Avevo solo quattordici anni quando il maestro Prebil, dio della danza, mi disse “tu devi venire con me” e poi, a sedici anni, un altro mostro sacro della danza, Pierre Lacotte, mi propose di lavorare con lui… chi se lo sarebbe mai aspettato! Poi a diciassette anni ero a Londra e a ventuno a New York. Dico la verità, se la compagnia del Teatro San Carlo fosse stata al livello di quella di Bordeaux, in Francia, non me ne sarei mai andato ma cosi non era all’epoca. Non è stato facile per me, sono convinto ancora ora della mia scelta, accompagnata da mille sacrifici; mi ha dato forza il pensiero che stavo facendo ciò per cui sono nato: ballare. Sempre con un occhio di riguardo al Teatro San Carlo, sono stato in prima linea anche mettendomi contro personaggi importanti quando ho capito che non avevano la volontà di fare qualcosa di veramente buono per il teatro, mi sono esposto personalmente senza problemi, parlando in faccia. Magari mi avranno odiato ma sono andato avanti.Che cosa la emoziona nella danza?Non lo so, è qualcosa che ho dentro di me. Come non sapevo di poter diventare un ballerino quando a nove anni sono entrato alla Scuola di Ballo del teatro, accompagnato da mio fratello. Non avevo idea di cosa fosse la danza classica, andando avanti ho scoperto altre strade, come quella del coreografo o del direttore. Ho capito che il mondo della danza mi è congeniale. Fin da quando sono entrato in compagnia, avevo sedici anni, mi sono appassionato nel guardare tutto. Entravo in teatro alle nove di mattina e ne uscivo la sera a mezzanotte dopo lo spettacolo, ho passato ore e ore a guardare le prove di tutti, non solo le mie. Oggi tutto questo bagaglio fa parte di me.Dove vuole arrivare Giuseppe Picone?Non lo so, voglio portare la compagnia del Teatro San Carlo ai massimi livelli artistici, questo è il mio obiettivo. Quando ci riuscirò sarà una grande soddisfazione, per me e per Napoli.Qual è la forza della compagnia?L’entusiasmo. Hanno capito che con me possono lavorare ai massimi vertici. E nel nostro teatro si può avere la stessa grande danza che c’è all’estero. L’anno prossimo ci saranno molte tournées in Spagna, Barcellona, Madrid e poi Bilbao; forse torneremo all’Arena Flegrea e poi andremo a Genova. Alcuni ragazzi verranno con me, ospiti negli spettacoli estivi dove mi hanno invitato a ballare, sarà una ulteriore opportunità per loro di fare esperienza.Che cosa le ha insegnato la sua carriera, gli incontri che ha avuto, l’esperienza accumulata?I grandi del passato mi hanno insegnato tanto. Ricorderò per sempre quando Vladimir Vasiliev mi ha invitato al Teatro Bolscioi di Mosca per celebrare la sua carriera o a New York due anni dopo quando mi ha guardato, salutato e abbracciato davanti a tutti come un figlio. Carla Fracci ha un carattere forte, non le sfugge niente, ma ho sempre nutrito un profondo rispetto nei suoi confronti e lei lo percepisce. Ha apprezzato la mia sincerità ogni volta che abbiamo lavorato insieme, mi sono sempre proposto come sono e insieme ci siamo divertiti.Ma, per concludere, lei come si definisce?Generoso, pulito nell’anima e passionale.Elisabetta Testa

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